VI – LA CAVALLERIA GRAALIANA

La spada nella roccia di San Galgano, reale e fisica e tutt’ora osservabile a Chiusdino, sta a significare che la vera Cavalleria non è quella politica, finanziaria e crociata che fa uso e abuso della spada per la conquista della Terra Santa. Nello stesso territorio di Chiusdino, in provincia di Siena, dove visse come eremita Galgano, v’erano Templari, a Frosini, eppure Galgano e i Templari si ignorarono. La spada nella roccia sta a significare che la finalità e l’essenza della vera Cavalleria consiste nell’ascetismo dell’uccisione del Drago, non nell’uso politico della spada.  In polemica e per contrastare questa visione monacale e ascetica della Cavalleria, avallata anche dall’Imperatore, si mobilita tutto un mondo: dai cistercensi alle corti francesi, dove compare Crétien de Troyes prima, poi Wolfram von Eschenbach, nel mondo tedesco, Robert de Boron, Rustichello da Pisa, ecc. Un vero pullulare di “Matière de Bretagne”, come viene definita la letteratura arturiana, che tratteggia un modello di Cavalleria che estrae la spada dalla roccia e ne fa uso per la crociata. Artù è l’anti Galgano, colui che estrae la spada (Excalibur) dalla roccia e ne fa un uso politico e temporale. Il compito del cavaliere non è più l’uccisione del Drago, bensì la cerca di un Graal che, come la carota messa davanti al muso dell’asino, deve condurlo dove vuole il suo padrone: alla conquista di Gerusalemme. Il Graal è e resta un oggetto indeterminatissimo che ha finito per acquisire connotazioni esoteriche ed occultistiche nel corso dei secoli (37), ma in origine era la promessa di un tesoro in terra esotica che doveva spronare alla partenza il mondo della Cavalleria europea, messa al servizio di chi ambiva alla riconquista di Gerusalemme. Era questo il gioco sottile che è stato imbastito, come tela di ragno, tra la fine del sec. XII e inizi secolo XIII. Alla cavalleria europea veniva dato come ideale quello della “cerca del Graal” che indirizzava gli interessi geopolitici dell’Europa verso la Palestina per la sottrazione di Gerusalemme ai saraceni. Per tale motivo, tutta l’opera di Wolfram von Eschenbach è intrisa di riferimenti mediterranei e medio orientali, come invito e adescamento verso un mondo non europeo verso il quale il cavaliere è tenuto a muovere, se vuole ottenere il Graal (di origine e connotazioni orientali). Una splendida operazione di ingegneria sociale e politica che doveva occultare e boicottare la vera Cavalleria europea e monastica che nell’uccisione del Drago trovava il suo “mito” originario e fondante, risalente a San Giorgio e portato avanti dai Longobardi con la loro speciale devozione all’Arcangelo Michele (Princeps caelestis militiae), ripreso da Guglielmo di Malavalle e quindi da San Galgano. Questa Cavalleria non ha nel saraceno il suo nemico, ma nel Drago. Perciò essa tiene la spada infissa nella roccia (“Incalibur”, se dovessimo darle un nome!), perché il monaco cavaliere è impegnato nella lotta interiore. Questa è la vera crociata che si deve aver di mira. Il cavaliere sauroctono sta al cavaliere graaliano come la realtà sta alla fiaba. Il primo è l’originale, il secondo è l ‘Ogm. Il primo appartiene all’ordine reale, il secondo appartiene alla fiction letteraria.

Se dunque il cavaliere sauroctono è l’originale, mentre il cavaliere graaliano è l’Ogm, anche da un punto di vista cronologico il primo dovrà antecedere il secondo. E la cosa sembra molto plausibile. Per quanto nel corso del secolo XII vi siano elementi che facciano supporre l’affermarsi, nella seconda metà del secolo, di narrazioni arturiane, esse rimasero -se vi furono- molto marginali e limitate prevalentemente alla tradizione orale; mentre per avere la piena affermazione letteraria, con relativa ampia diffusione, la Matière de Bretagne  dovrà attendere Crétien de Troyes, anni dopo la morte di Galgano e proprio nel momento di massima fama di questo Santo  per i suoi miracoli e per il gran numero di seguaci che seppe attrarre col suo esempio eremitico. Quindi parrebbe che la Matière de Bretagne sia stata imposta e diffusa proprio per fare da contraltare al modello di Cavalleria incarnato da Galgano e benedetto dall’Imperatore che diede ancor più eco in Europa a questo Santo. La letteratura arturiana era chiamata ad oscurare quell’esempio e quel miracolo della spada infissa, non si sa come, nella roccia, a Chiusdino, per proporre e imporre una spada (Excalibur) che viene estratta dalla roccia, a significare la diversa essenza e finalità dei due modelli di Cavalleria.

    I maneggi dei Cistercensi giunsero al punto di snaturare la figura di San Galgano, cercando di farne una figura di cavaliere del tipo della Nuova Milizia, come prefigurava Bernardo, tanto da fare apparire San Galgano come un santo cistercense, ma non lo era. Fondamentalmente perché per raggiungere il tesoro vero spirituale bisogna uccidere il Drago e San Galgano sta sotto la protezione di San Michele, mentre per raggiungere il Graal, posto che sia qualcosa e non aria fritta, non bisogna affrontare nessun Drago e i cavalieri della Tavola Rotonda non sono stati chiamati alla Cavalleria dall’Arcangelo e non sono sotto la di lui protezione. Per capire la vocazione politica della cavalleria della Tavola Rotonda, ricordiamo questo: in età contemporanea, agli inizi del Novecento, non a caso “Tavola Rotonda” è ancora il nome di una delle sette segrete inglesi e mondialiste che si dà come obiettivo la realizzazione di un Governo Mondiale di marca anglosassone (38). Non è un caso che il primo testo fondamentale della letteratura del Graal, quello di Crétien de Troyes (1190), compaia tre anni dopo la caduta di Gerusalemme (1187), che era stata conquistata nel 1099. Ci troviamo a Troyes, alla corte del Conte di Champagne, che nel 1124 entra nell’Ordine Templare, dopo aver, nel 1115, donato a San Bernardo il terreno su cui verrà edificata l’Abbazia di Clairveaux. Si trattava perciò di dare un ideale e valori politico-militari e geopolitici precisi ad una Cavalleria che avrebbe dovuto combattere per la ripresa di Gerusalemme.  E nello stesso tempo si doveva occultare, sviare, cancellare (39) un modello di Cavalleria, come quella di San Galgano, che pericolosamente aveva ricevuto la benedizione degli Imperatori Svevi; la quale idealizzava una spada che rimanesse nella roccia e che aveva come suo compito supremo quello ascetico e mistico dell’uccisione del Drago, come comandava San Michele; non un compito politico, geopolitico e perfino finanziario, come fu quello dei vicini Templari e poi della filiazione loro, i Cavalieri Teutonici. Insomma, la Cavalleria che ha come emblema della sua identità l’estrazione della spada (Excalibur) dalla roccia (apparentemente mirante al Graal, ma realmente orientata a Gerusalemme), si contrappose ad una Cavalleria che, per significare il proprio compito ascetico, pianta miracolosamente la spada nella roccia (Incalibur), in obbedienza a San Michele. La differenza, inoltre, tra le due Cavallerie è che quella di Galgano è fondata su fatti storici e su un personaggio realmente esistito, mentre l’epica arturiana e le sue gesta eroiche sono pura fiaba che gli storici, tuttavia, hanno cercato di ancorare alla tradizione, alla cultura ed al folklore celtici e in certi casi alla tradizione iranica (viste le tante suggestioni orientaleggianti di testi come quello di Wolfram).

I racconti della Tavola Rotonda furono uno schema, un archetipo e un programma politico molto sottile ed elaborato su misura per la mentalità del tempo, per prefigurare e dare realtà ad una azione politica che avrebbe conferito la signoria su questo movimento di Cavalleria al Re d’Inghilterra (a lui era destinata Excalibur), affinché portasse avanti questo programma  politico cosmopolita che doveva avere in Gerusalemme la sua capitale indiscussa religiosa e politica (Arturus rex summus in orbe futurus). Rifacendosi e appropriandosi del mito arturiano, i sovrani inglesi (plantageneti; il Conte d’Angiò, padre di Goffredo Plantageneto, entrò nell’Ordine templare nel 1120) miravano a legittimare il proprio potere in una prospettiva universalistica. Pochissimi furono quelli che capirono e che capiscono il vero senso di tutta la letteratura del Graal, divenuta nel tempo una affabulazione per occultisti, esoteristi, sognatori e romanzieri. Era, in nuce, l’avvio del processo di globalizzazione.

Quello del Graal è stato un adescamento fraudolento ai danni della Cavalleria europea da parte di chi, in maniera molto astuta, ha saputo mettere l’anello al naso del bue, per condurlo dove? Nei dintorni di Gerusalemme e per convincerlo che in quei dintorni si trova quel tesoro o quella lancia che legittima il potere universale su tutto il globo terracqueo; quel potere che ha in Gerusalemme e nelle sue stirpi, la sua capitale politica e religiosa; alla luce del quale, tutti gli altri poteri e autorità sono ritenuti abusivi e illegittimi. L’adescamento non ha coinvolto solo gran parte della Cavalleria europea, ma anche generazioni di storici, romanzieri, occultisti, sedicenti esperti della Tradizione e presunti iniziati che si sono lambiccati il cervello nel cercare di capire se il Graal fosse una coppa che ha raccolto il sangue di Gesù oppure se fosse una pietra preziosa caduta dalla corona di Lucifero o se fosse il sang real (sangue reale, di Gesù stesso) come Sant Graal potrebbe, per analogia fonetica, significare.  Lapsit exillis, scriveva Wolfram von Eschenbach (40).

Che sarà? Di questo non sapere cosa fosse il Graal si sono riempite biblioteche e biblioteche di libri.  Tonnellate e tonnellate di carta piene di non sapere, dove la fantasia ha immagazzinato i suoi parti più impensabili. Tant’è. Un solo anello è bastato per prendere per il naso e condurre mandrie e mandrie di buoi nella direzione che si voleva. Sicuramente una delle più strepitose e gigantesche opere di ingegneria socioculturale e politica della storia d’Europa.

VII – CONCLUSIONE

La fine del “mito” fondativo del Cavaliere che uccide il Drago, il suo oblio e l’averlo fatto oggetto di un “cancel culture” da parte sia della Chiesa cattolica che della cultura laica contemporanea al quale hanno collaborato anche autori ritenuti esperti di Tradizione, è il punto apicale  di un processo che ha aperto le porte alle forze del caos e della dissoluzione (esautoramento del Katéchon ) e che ora fanno irruzione nella società in cui viviamo: il disgustoso, il minoritario, il caotico, il perverso, il disarmonico vengono imposti sul bello, sul naturale, sull’armonico e su ciò che è ordinato; viene dato potere a tutto ciò che è  aberrante e perverso nella società affinché si imponga su ciò che aveva valore regolativo e orientativo. Il malato è esibito e preferito al sano; la via complessa è preferita a quella semplice, pur conducendo allo stesso luogo; l’artificiale è preferito al naturale. In agricoltura si è assistito all’avvento degli Ogm sterili, mentre sul piano sociale si ha l’avvento di un modello di famiglia non più basato sulla polarità maschio e femmina, ma su un modello di coppia dissolutivo e ancora sterile. All‘interno della società viene dato sempre più potere a minoranze sovversive e destabilizzanti che arrivano a tiranneggiare la maggioranza con pretese fuori da ogni norma, tradizione e logica, come il cancellare la priorità dei cognomi dei padri, senza capire il fondamento di tale prassi. Qui ci siamo limitati ad analizzare cosa significa il “Drago e la sua uccisione” dal punto di vista esoterico e filosofico, ma che cosa significa il “Drago” sul piano politico, storico, sociale e razziale è cosa nella quale non ci possiamo inoltrare. L’essenza della vera Cavalleria, non solo quella medievale, poggia su un fulcro filosofico-esoterico inequivocabile che sta a fondamento dei suoi aspetti sociali e militari che solo così trovano piena legittimazione. Tutto questo, nel corso dei secoli, lo si è contraffatto e insabbiato con una letteratura pseudocavalleresca che ha cercato di far poggiare la legittimità militare e sociale della Cavalleria su fattori spuri, politici e geopolitici e perfino razziali, facendole così perdere il suo carattere universalistico, ma soprattutto il suo potere catecontico di argine ai tentativi di irruzione delle forze del caos, della destabilizzazione e della corruzione.

Nella cultura occidentale del Novecento sono stati numerosi le agenzie e gli agenti che si sono adoperati per occultare, espungere o insabbiare da ogni livello della vita culturale il “mito” fondante di ogni Civiltà e l’archetipo di ogni iniziazione, ossia: il Cavaliere che uccide il Drago. Al punto da potersi dire che la cultura occidentale contemporanea è strutturalmente controiniziatica (41).

NOTE

(37) Si veda: BAIGENT M.-LEIGH R.- LINCOLN H., The Holy Blood and the Holy Grail, Londra 1982; tr. it. Milano 1982.

(38) EPIPHANIUS, Massoneria e sette segrete: la faccia occulta della storia, Roma s.d., pag. 593.

(39) RAHN O., Kreuzzug gegen den Gral, 1933, trad. it. Milano 199. Non è affatto vero quello che scrive Rahn: “il Graal fu nel Medio Evo la Chiesa dell’Amore Supremo e il suo simbolo”, pag.112. E anche dello stesso autore si veda: Luzifers Hofgesind, 1937, tr. it. Cuneo 1989.

(40) VON ESCHENBACH W., Parzival, cit., 469.

(41) Una recente opera mostra come questo si sia realizzato anche sul piano filosofico; DE BERNARDI P., Nero perfetto. La spiga di Iside-Demetra. Nous, Conoscenza presenziale e Appercezione pura nella prospettiva advaita della Filosofia Prima, Roma 2021, e come perciò la filosofia e la cultura contemporanee possano e debbano rifondarsi solo ritrovando la parentalità con gli Antichi Misteri.

Newsletter

Iscriviti per ricevere contenuti fantastici nella tua casella di posta, ogni mese.

Non inviamo spam! Leggi la nostra [link]Informativa sulla privacy[/link] per avere maggiori informazioni.

One Reply to “La Cavalleria, il Drago e il Katéchon – PARTE IV”

  1. « Il compito del cavaliere non è più l’uccisione del Drago, bensì la cerca di un Graal, », com’è ben chiarito nell’articolo a commento. Ma il sorpasso non resta comunque l’uccisione del drago, secondo l’iconografia di San Michele o di San Giorgio. Giammai questa uccisione, altrimenti tutto il processo dell’Alchimia della depurazione della nostra Materia Prima, che è poi il drago in noi, con le tre opere, nigredo, albedo e rubedo, viene inficiata.
    Basilio Valentino, un monaco benedettino del 1400, autore di numerosi libri di alchimia, fa luce sul processo alchemico che ha il suo principio e fine con la Materia Prima, cioè il Leone verde. È simbolicamente rappresentata da un dragone alato sulla sfera terrestre, anch’essa alata, naturalmente. Se ne parla nel suo libro dal titolo AZOTH, e questa di seguito è la descrizione che viene fatta sul suo conto a pag. 961:

    « Io sono il Drago velenoso, presente dappertutto, che può essere acquistato ad un prezzo irrisorio. La «cosa» su cui riposo, e che su di me riposa, sarà trovata in me da chi saprà frugarmi come si conviene. La mia Acqua ed il mio Fuoco distruggono e compongono. Estrarrai dal mio corpo il Leone Verde e quello Rosso; se non mi conosci perfettamente, il mio Fuoco ti distruggerà i cinque sensi. […]
    Io sono l’Uovo della Natura, che soltanto i Sapienti devoti e modesti conoscono, ed essi fanno nascere da me il microcosmo. […]
    I Filosofi mi chiamano Mercurio, mio sposo è l’Oro (filosofico); sono l’antico Drago presente in ogni parte della terra; sono padre e madre, giovane e vecchio, forte e gracile, morte e resurrezione, visibile ed invisibile, duro e molle, discendente nella terra e da scendente al Cielo, grandissimo e piccolissimo, leggerissimo e pesantissimo; in me l’ordine della Natura è spesso invertito incolore, numero, peso e misura; contengo la Luce naturale, sono oscuro e chiaro, vengo dal Cielo e dalla terra, conosciuto e considerato poco o nulla. Tutti i colori in me risplendono, e cosi tutti i metalli attraverso i raggi del sole. Sono il rubino solare, una terra nobilissima e chiarificata, per cui mezzo tu potrai trasmutare in oro il rame, il ferro, lo stagno ed il piombo. »
    Il dragone afferma di essere il rubino solare ed è per la stessa ragione che il Leone verde è chiamato Smeraldo dei Saggi e addirittura Graal Vetriolico.

    In quanto all’iconografia di San Michele e di San Giorgio che uccidono il drago, il noto pittore Alessandro Bonvicini, detto il Moretto (1498-1554), supera questo intento con la sua opera pittorica “L’Incoronazione della Vergine coi Santi Francesco, Nicola e l’Arcangelo Michele”. É un dipinto olio su tavola del 1534 esposto nella Chiesa dei Santi Nazaro e Celso di Brescia2. Ed è ben chiaro nel dipinto un compromesso fra San Michele è la bestia.

    1) Basilio Valentino. AZOTH, ovvero L’Occulta Opera Aurea dei Filosofi. Pag. 96. Ediz. Mediterranee.
    2) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Incoronazione_della_Vergine_con_i_santi_Michele_Arcangelo,_Giuseppe,_Francesco_e_Nicola_di_Bari.jpg

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.