Il surrealismo di Magritte prende vita in questo quadro dove, a mio parere, viene rappresentato non tanto il modo di sfuggire dalla realtà, ma l’opposto. E’ un modo attrattivo di immergere lo spettatore dentro i suoi dubbi, dentro le sue angosce, un viaggio introspettivo in contrapposizione ad un altro quadro importante che tratteremo in futuro, il “Narciso” del Caravaggio.

Mi sono sempre chiesta: perché Magritte ha voluto rappresentare l’immagine non riflessa dell’uomo e il libro, invece, lo ha raffigurato nella maniera più logica?

Ho trovato risposta nei comportamenti che si hanno nei nostri giorni; l’opera si colloca perfettamente nei nostri anni, nei giorni attuali che stiamo attraversando come umanità. La mancanza di freni inibitori, caratteristica che contraddistingue i surrealisti, fa si che il risultato artistico non sia scontato; ci si aspetta altro da uno “specchiarsi”. Invece in questo quadro, Magritte, mostra l’ opposto.

Al di là del fatto che lui possa aver dato un suo significato, l’opera appare come un invito a non cadere nella banalità, a voler fare capire che non si è preparati mai a ciò che vediamo di noi stessi, e tra il vedere e l’osservare c’è una grossa e significativa differenza. Ciò che si vede è limitato dai preconcetti, ciò che si osserva fa invece scattare un meccanismo di logica che, se messi insieme, ne scaturisce un qualcosa di surreale, appunto. Tutto rimanda alla vita attuale, come dicevo prima. Tutto è tra il filo del vero non vero, reale non reale.

L’abitudine a vedere ciò che vogliamo vedere ci distrae dal conoscerci realmente e, se da un lato attira l’idea di cercare vie traverse e semplificate verso le quali conoscerci e scoprirci, dall’altro lato ci disturba e disorienta, ci impedisce di vivere una vita gestita solo da ciò che è giusto vedere, per appagare solo il lato estetico di noi stessi, dando per scontato certi canoni: la bellezza perseguitata dai suoi standard come il comportamento… il buonismo.

Un plauso va sicuramente all’artista che gioca un ruolo fondamentale nella comunicazione: il suo “non riflesso” porta sicuramente ad una attenta riflessione su noi stessi, riflessione accurata e ricercata che spinge a dover nascondere il volto per accedere ad una visione tramite un meccanismo puro e di coscienza, arrivando finalmente all’incoscienza.


é stato pubblicato il primo volume di

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