«È nei punti più piccoli che risiedono le forze più grandi»
Barbeau
Lot fugge con le figlie da Sodoma
fig. 1 – Albrecht Dürer. Lot fugge con le figlie da Sodoma. Galleria Nazionale d’Arte, Washington.
Opera del 1498.
Olio e tempera su tavola, 52 x 41 cm.
Galleria Nazionale d’Arte, Washington
Questo pannello (fig. 1) deliziosamente spontaneo, raffigura Lot e le sue due figlie in fuga dalla distruzione di Sodoma. Nella storia della Genesi, due angeli avvertono Lot che dovrebbe fuggire prima che Dio distrugga la città per i suoi peccati. A Lot viene detto che la sua famiglia non deve guardare indietro, altrimenti verrà trasformata in statue di sale.
Nel pannello di Dürer, Lot apre la strada, vestito con un caldo cappotto foderato di pelliccia e un magnifico turbante. Porta un cesto di uova e ha una fiasca di vino appesa alla spalla, appesa al bastone. Lo seguono a parecchi passi le due figlie, l’una con un fagotto sul capo e l’altra con un elegante cofanetto, una conocchia e un filo. Lontano dietro di loro, vicino alle rocce imponenti, c’è la moglie di Lot, trasformata in una statua di sale marrone. In lontananza la città di Sodoma esplode di zolfo e fuoco, enormi colonne di fumo eruttano verso il cielo. Gomorra, in lontananza, subisce un destino simile[1].
fig. 2 – Albrecht Dürer. Lot sedotto dalle figlie. Galleria Nazionale d’Arte, Washington.
Di seguito in fig. 2 è riportato da Albrecht Dürer (1537) ciò che accadde più tardi nel non così casto Lot e le sue figlie. Le figlie di Lot fanno ubriacare il padre e lo seducono per rimanere incinte e continuare il nome della famiglia. Entrambe le figlie hanno successo.
La rappresentazione della fuga di Lot, fig. 1, non è l’immagine principale, ma il retro di un pannello della Vergine col Bambino, fig. 3. Le due parti sono abbastanza diverse, non solo nell’argomento ma anche nello stile. La tavola del Lot è dipinta in modo sciolto e spontaneo, mentre la Vergine col Bambino è lavorata in modo molto più fine. Tuttavia Dürer deve aver voluto che fossero visti insieme. La tavola fu dipinta per la famiglia di mercanti Haller di Norimberga, il cui stemma appare nell’angolo inferiore sinistro della tavola della Vergine.
Per molto tempo si è ritenuto che la Vergine col Bambino alla finestra fosse opera dell’artista veneziano Giovanni Bellini, a ragione della sua composizione e dei suoi colori. Nel 1934 fu identificato come Dürer, dipinto circa tre anni dopo il suo ritorno da Venezia. Fu acquistato dal barone Heinrich von Thyssen-Bornemisza, che lo possedette fino al 1950[2].
fig.3 – Albrecht Durer. Vergine col Bambino. Galleria Nazionale d’Arte, Washington.
La versione alchemica di Lot che fugge con le sue figlie da Sodoma
Nel racconto convenzionale di Genesi 19, uno dei capitoli più accesi della Bibbia, due angeli avvertono Lot che dovrebbe fuggire da Sodoma prima che venga distrutta. Alla famiglia viene detto che non devono guardarsi indietro altrimenti verranno trasformati in statue di sale. Sfortunatamente lo fa la moglie di Lot e lei si trova nella via di mezzo.
Ed ecco il bivio con la statua di sale di Lot che apre le porte del mistero con l’Alchimia, i cui obbiettivi sono: conquistare l’onniscienza, raggiungendo il massimo della conoscenza in tutti i campi del sapere; creare la panacea universale, un rimedio cioè per curare tutte le malattie, generare e prolungare indefinitamente la vita; la trasmutazione delle sostanze e dei metalli, ovvero la ricerca della pietra filosofale.
Oltre ad essere una disciplina fisica e chimica, l’alchimia implicava un’esperienza di crescita o meglio un processo di liberazione spirituale dell’operatore. In quest’ottica la scienza alchemica viene a rappresentare una conoscenza metafisica e filosofica, assumendo connotati mistici e soteriologici, nel senso che i processi e i simboli alchemici, oltre al significato materiale, relativo alla trasformazione fisica, possiedono un significato interiore, relativo allo sviluppo Spirituale[3].
Ma qual è il mistero racchiuso nella statua di sale di Lot? L’unica spiegazione, che non rientra nella razionalità, ma è stato già detto, è nell’Alchimia.
Il Caput Mortuum
In alchimia il Sale è uno dei Tre Principi, presenti sia nel cosmo sia nell’uomo: una triade mistica, composta dal sale, dal mercurio e dallo zolfo. Benché si presenti come una polvere bianca, inerte, il sale è uno dei grandi misteri e simboli dell’iniziazione. Nella tradizione alchemica esso era l’emblema di un patto sacro che non poteva mai essere rescisso, simile a quello che il neofita stringeva con la sua scuola o il suo maestro. «Il patto di sale» di cui parla l’Antico Testamento potrebbe avere un significato diverso da quello che gli viene di solito attribuito. Il Nuovo Testamento è meno evasivo al proposito: in Matteo, infatti, «sale della terra» sono gli eletti, ossia gli iniziati e non, come si tende oggi a pensare, quanti sono poco più che semplici contadini. Nei secoli lontani gli eletti sedevano al posto d’onore, «più in alto del sale», perché avevano conquistato il sale che avevano dentro di sé. Come si spiegherebbe altrimenti tutta l’importanza che nei convivi medievali veniva attribuita al salinum, ossia alla saliera? […]
Gli alchimisti ponevano talora a emblema del sale il più semplice di tutti i sigilli: un minuscolo quadrato ☐ o un piccolo rettangolo. Con quelle quattro linee che descrivono uno spazio vuoto – come lo spazio fra l’Aria e l’Acqua – intendevano delineare i misteri dei quattro elementi o disegnare una bara? Il reverendo Brewer, un colto collezionista di idee curiose, totalmente ignaro di esoterismo, ci ricorda la consuetudine, tuttora esistente, di porre una manciata di sale nella cassa del morto.
fig. 4 – Allegoria del Caput Mortuum nel teschio legato al logo di Albrecht Dürer nell’atto di versare, della terza fase conclusiva alchemica. Crediti: Salamon Fine Art. 2018_Catalogo Durer.indd
C’è forse un nesso fra il sale e la morte? Un altro sigillo del sale – usato con frequenza nei gruppi alchemici rosacrociani – era un cerchio tagliato a metà da una linea orizzontale Θ . Quel sigillo deriva dalla theta maiuscola di Thanatos, che in greco significa «morte».
In numerosi testi alchemici il sale rappresenta il processo mentale, che è un processo di morte. Il sale è il residuo dell’attività spirituale che avviene nella nostra testa: come nelle triade alchemica, è la scoria che resta quando la vita è volata via, è il cranio, il caput mortuum, la polvere bianca residua dopo l’estrazione dell’oro. È la cenere del pensiero. Il teschio düreriano della fig. 4[4] rappresenta il caput mortuum.
Quando la testa – o la sua attività spirituale che chiamiamo mente – raggiunge il punto in cui non è più in grado di capire, in cui l’ordine dell’universo sembra frantumarsi, allora produce lacrime salate[5].
Importanza del Caput Mortuum in alchimia
Il Caput Mortuum, dopo la Separazione, si presenta come terra nera e “diseredata” che bisogna ben guardarsi dal gettare via. Materialmente queste scorie sono composte da solfuro di ferro (il metallo “retrogradato” a minerale) e da carbonato di potassio.
fig. 5 – Albrecht Dürer. Vaso con teschio
Le scorie vengono sottoposte a deliquescenza all’aria umida della notte e si ossidano progressivamente. Quindi, per lisciviazione, si ottiene da queste scorie un Terzo Sale, fondamentale per la Terza Opera: si tratta del Sale Armoniaco o Sale d’Armonia (è il principio Corpo, che andrà a costituire uno dei componenti dell’uovo filosofale; talvolta è chiamato anche Zolfo Bianco[6].
Il maestro Dürer per rappresentare lo zolfo alchemico ha eseguito la xerigrafia della fig. 5: un triangolo equilatero sostenuto da una croce quadra. Per facilitare la ricerca della geometria dell’ideogramma dello zolfo, ha abbozzato un triangolo con la cinghia sorretta dal fauno con la pertica. La base è parte del colmo del recipiente del teschio, il caput mortuum.
Geometria composita del dipinto di Albrecht Dürer – “Lot fugge con le sue figlie da Sodoma”
Si è visto come Albrecht Dürer risolve in anteprima (cioè prima di eseguire la xerigrafia) il grafico geometrico per rappresentare il simbolo del sale alchemico che poi fa aderire in modo nascosto al disegno coreografico. E questo procedimento vale anche per gran parte delle opere del maestro di Norimberga. Naturalmente anche in tal modo si adopera per rappresentare – geometria alla mano – il mistero racchiuso nella statua di Lot trasformata in sale del dipinto “Fuga di Lot con le sue figlie da Sodoma“.
Ma c’è una ragione di fondo che spiega l’enorme valore del ricorso alla geometria compositiva per far luce sulla misteriosa incompresa ALCHIMIA.
Il dettaglio e la sua carica
In occasione di un seminario ad Amburgo nel 1925 Aby Warburg afferma che «il buon Dio abita nel dettaglio».
Hermann Usener – uno dei docenti che ha maggiormente influenzato il giovane Warburg – nei suoi corsi di mitologia sosteneva che
«è nei punti più piccoli che risiedono le forze più grandi».
È così che entrambi gli studiosi, con parole diverse, intendevano attribuire ad un luogo minimo – come il dettaglio in relazione all’intera opera d’arte – la forza di un valore espressivo che quasi sempre si sviluppa in profondità e parla attraverso il tempo inattuale del Nachleben.
Warburg ha potuto riconoscere, nel corso dei suoi studi, che il sintomo sceglie proprio il dettaglio per infrangere la superficie: è manifestandosi sotto forma di formula di pathos che investe e carica il dettaglio di forza ed energia pulsionale[7].
E ancora sul “dettaglio“.
Dio è nei frammenti
«Un giorno in cui riceveva degli ospiti eruditi, Rabbi Mendel di Kozk li stupì chiedendo loro a bruciapelo: ”Dove abita Dio?”. Quelli risero di lui. “Ma che vi prende? Il mondo non è forse pieno della sua gloria?”. Ma il Rabbi diede lui la risposta alla domanda: “Dio abita dove lo si lascia entrare”.
Ecco ciò che conta in ultima analisi: lasciar entrare Dio. Ma lo si può lasciar entrare solo là dove ci si trova e dove ci si trova realmente, dove si vive e dove si vive una vita autentica. Se instauriamo un rapporto santo con il piccolo mondo che ci è affidato… allora lasciamo entrare Dio» (M. Buber, Il cammino dell’uomo).
A volte la realtà ci sembra troppo piccola e banale, altre volte troppo insignificante la vita di tutti i giorni: solite persone, soliti problemi, solite difficoltà. Eppure è proprio questo il «piccolo mondo che ci è affidato» del quale dobbiamo aver cura, in cui dobbiamo accendere un brivido di vita vera. Inutile e fuorviante cercare altrove: quella è la porta attraverso la quale dobbiamo far passare l’infinito con i suoi sogni e le sue speranze. Anche se a volte ci sembra difficile…»8.
Ma c’è ancora di più sul luogo della nostra vita quotidiana dove crediamo veramente che vi abita Dio, come suggerisce Rabbi Mendel di Kozk, perché “Dio è nei dettagli” esaminando i suoi “frammenti“.
Il frammento è il potenziale portatore di forma, forma che crea complicazioni perché appare nella sua frammentazione disperdendosi in mille rivoli. E allora sorge nel ricercatore la risposta di cosa sia il frammento.
«Oggetti desueti, dimenticati, frantumati e minuti si pongono nel tema del pensare, interrogando il valore filosofico e letterario del frammento per trovare forme di composizione momentanea in costellazioni di senso capaci di ridefinire, nel gioco dei rimandi, modalità conoscitive e paradigmi temporali, scoprendo di nuovo che “dio è nei dettagli“.
Così leggo sul “frammento” nel bel saggio «Rottami, rovine, minuzzerie: pensare per frammenti» – Edizioni ETS curato da Matteo Mareschini scrittore e giornalista bolognese.
E qui ora si fa luce sul senso della ricerca alchemica eternamente incompresa.
Mi par di vedere una vecchia officina meccanica con ammucchiate, qua è là di cianfrusaglie, pezzi di cariatidi di macchine e un anziano meccanico con una tuta bisunta che vi rovista frenetico. Infine raggiante, egli, con un piccolo congegno un pò sporco in mano, si dirige, come illuminato verso una macchina in allestimento per risolvere ciò che occorreva per metterla in moto. È un pezzo introvabile in commercio che ora, come un certo cuore nuovo, fa rivivere un morto.
Ed ecco la metafora delle combinazioni possibili del “divino” per una ricomposizione possibile, frammento incarnato in una nuova “creatura”, dunque con una sua storia preziosa da far progredire. E non quella di un nuovo mondo, ma senza “padre“: questo è il grande pregio del frammento in questione, che fa la differenza.
Resta da capire in quale frammento possa risiedere questo “padre“, perché quando lo si trova, allora sì che per il ricercatore la cosa diventa interessante. Egli scopre che esso non è un frammento casuale, una cosa qualunque, perché è un fatto (faict). A questo punto è come il sorgere di una radiosa alba per il ricercatore, perché basta questo fatto per mettere in moto in lui il pensare “per frammenti” come raccomanda Matteo Mareschini nel saggio del “pensare per frammenti“.
fig. 6 – Albrecht Dürer. Lot fugge con le figlie da Sodoma. Telaio della geometria composita e risoluzione della Sezione Aurea della Statua di Sale (la moglie di Lot).
Di solito da un fatto, da un’esperienza, ne nasce un’altra e poi ancora un’altra e così via. A guisa del proverbio del poeta greco Alceo (Carmi, IX, 15) “Niente potrebbe nascere da niente?”. Cui Machiavelli aggiungeva “Di cosa nasce cosa, e il tempo la governa” (La Mandragola, a.I, sc.I).
Nel lavoro letterario curato da Mareschini c’è appunto questa fonte che sgorga da un “frammento“, cosa da poco, ma al punto da concepire una grande verità e dire nel suo lavoro, “Dio è nei dettagli“.
Da qui il senso della geometria compositiva delle opere d’arte che, attraverso l’aforisma di Hermann Hunserer, «è nei punti più piccoli che risiedono le forze più grandi» cioè i “frammenti” di Matteo Mareschini “dove abita Dio”, si risale al segno della Pietra filosofale. E avremo modo, ora, di intravedere questa Pietra nel dipinto di “Lot che fugge con le figlie da Sodoma” – fig. 6 – di Albrecht Dürer, geometricamente rappresentata dalla Sezione Aurea.
Con la fig. 6 Albrecht Durer rappresenta, con una serie di linee il telaio geometrico da cui scaturisce il segmento AB che rappresenta la Sezione Aurea della statua di sale di Lot.
La procedura è la seguente:
1. Si traccia l’asse verticale yy passante per la statua di sale di Lot;
2. si traccia la linea inclinata passante per il bastone di Lot (è a 45°);
3. si traccia l’asse vrticale passante per l’estremità inferiore del bastone di Lot;
4. si traccia l’asse orizzontale xx passante per l’estremità superiore del bastone di Lot. La conferma è l’estremità del bastone della figlia di Lot, quella in centro;
5. si traccia l’asse orizzontale x’x’ passante per il punto A,
6. si traccia l’asse orizzontale x”x” passante per l’estremità E del bastone di Lot;
7. la retta AB è la misura della Sezione Aurea della statua di sale di Lot;
8. la retta Bd è la seconda Sezione Aurea da attribuire alle due figlie di Lot che sono incinte e possono assicurare al generazione del loro padre Lot.
La geometria composita del dipinto “Lot sedotto dalle figlie”
fig. 7 – Albrecht Dürer. Lot sedotto dalle figlie. Telaio della Sezione Aurea.
La procedura è la seguente:
1. Si traccia l’asse verticaleyy passante per la bottiglia del vino;
2. si traccia la linea orizzontale xx passante per la testa della figlia di Lot seduta sul prato in lontananza. Passa anche per la testa di Lot colto da crapula per l’ubriachezza;
3 si traccia l’asse inclinato verticale y”y” passante per la mezzeria del bicchiere col vino;
4. ortogonolmente alla linea precedente si traccia la linea che passa per A, l’alluce del piede destro della figlia di Lot e per il fondo del calice divino in B. La linea passa poi per D sull’asse xx;
5. si traccia infine l’asse verticale y’y’ passante per B,
6. ed ecco ottenuta la Sezione Aurea con il segmento D a ragione della relazione DE:EF=1,618…
La geometria composita del dipinto “La Vergine col Bambino”
fig. 8 – Albrecht Durer. Vergine col Bambino. Geometria composita. La sezione Aurea.
Il naso degli esseri umani, come anche altri mammiferi, presentano un secondo organo nasale, distinto dall’epitelio olfattivo principale, che viene ribattezzato “naso sessuale” o “organo vomeronasale”.
Il compito di questo organo è di rilevare alcune sostanze chimiche come i feromoni, che sono in grado di influenzare le reazioni sessuali, riproduttive e sociali di un individuo[9].
All’interno del cervello umano, vicino alla parte superiore del naso c’è una caratteristica anatomica che ci dà motivo di credere che esistano i feromoni umani: l’organo vomeronasale. La sua funzione è sconosciuta, ma nei primati subumani, questa è l’area in cui i feromoni agiscono per aumentare le possibilità di procreazione. […] Quando eseguiamo un’azione più o meno faticosa, sudiamo attraverso le ghiandole endocrine. Ma quando siamo imbarazzati o eccitati sessualmente, sudiamo attraverso le ghiandole apocrine che rilasciano steroidi ad alta densità sotto le braccia e intorno ai genitali; il loro ruolo è sconosciuto. Nei primati subumani, le stesse ghiandole apocrine rilasciano feromoni[10].
Altri punti notevoli, oltre al naso suddetto, sono il frutto (la mela) che il Bambino nasconde con la mano e il suo ombelico.
Procedura per l’esecuzione del telaio della geometria composita
1. Si traccia la linea inclinata iniziando dal basso in corrispondenza dello stemma posto nell’angolo a destra;
2. si traccia l’asse verticale passante per il centro del volto della Madonna;
3. l’incontro di quest’asse con la linea inclinata è nel punto A,
4. si tracciano i seguenti assi orizzontali:
– xx passante per A;
– x’x’ passante per il centro della mela M e dell’ombelico O;
– x”x” passante per B, l’estremità del dito medio della mano destra del Bambino;
5. si riscontra che il segmento AB è la Sezione Aurea in relazione al segmento AC. Infatti il rapporto AB:BC è uguale a 1,618….
Osservazioni del dipinto della “Vergine con il Bambino”
Il quadro è diviso in tre parti:
La parte di destra è tedra e fa capo, in basso, a uno stemma poco rassicurante, di guerra, che non si conosce e nell’insieme può rappresentare il tempo del soggiorno di Lot e la sua famigliola a Sodoma. Poi arriva il giorno della loro fuga da questo luogo su suggerimento divino per l’imminente distruzione di Sodoma e Gomorra.
Il quadro a sinistra è luminoso e fa capo a uno stemma gentilizio molto rassicurante che è quello della famiglia Haller von Hallerstein, committente dell’opera. Il paesaggio attraverso la finestra è radioso.
Lungo la strada che conduce alla porta d’entrata di questo luogo si nota qualcuno che forse vi si inoltra. Oltre il valico, lungo una strada tortuosa che conduce ad un castello sull’altura, si nota qualcun’altro a cavallo. Il cielo è di un limpido azzurro con qualche nuvola.
Nella parte centrale del quadro figura la Vergine è vestita di un manto blu che è il colore di transizione con il nero del tempo in cui Lot e la famigliola vivevano a Sodoma, la fase infera dell’opera Nigredo. Poi avviene il loro cambiamento fuggendo da Sodoma verso il bianco dell’opera alchemica Albedo.
Il passaggio dal nero al bianco si compie talora attraverso una gamma di altri colori, i blu più scuri in particolare, i blu dei lividi, della sobrietà e dell’esame di coscienza puritano[11].
La vocazione del blu alla profondità è così forte che proprio nelle gradazioni più profonde diviene più intensa e intima. Più il blu è profondo e più richiama l’idea dell’infinito, suscitando la nostalgia della purezza e del soprannaturale. E’ il colore del cielo, come appunto ce lo immaginiamo quando sentiamo la parola cielo[12].
Il retro della Vergine è di color rosso e prelude alla conclusione dell’opera alchemica, la Rubedo.
Il Bambino che nasconde la mela prelude alla nuova creazione prevista nell’Apocalisse di Giovanni e quindi, la mela nascosta vuol far capire che non c’è più il Tentarore a proporla al nuovo uomo nella visione di Albrecht Dürer. D’altronde la conclusione dell’opera alchemica non può che essere conforme a questa definizione.
[1] https://www.wga.hu/html_m/d/durer/1/02/index.html
[2] https://www.wga.hu/html_m/d/durer/1/02/index.html
[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Alchimia
[4] Gaetano Barbella. https://www.collegio-brixia.com/alchimia-9-albrecht-d%C3%BCrer
[5] http://www.tarocchidellavita.it/arcano-numero-dodici.html
[6] https://www.labirintoermetico.com/01Alchimia/gioco_oca_alchemico/gioco_oca_alchemico.htm
[7] Tesi di laurea 2007-2008 della laureanda Elisa Danesin – Ricerche sulle Giuditta di Klimt. Uno sguardo warburghiano – Esercizi Filosofici 5, 2010, pp. 31-52 ISSN 1970-0164 – link: http://www.univ.trieste.it/~eserfilo/art510/danesin510
[8] https://www.ilsole24ore.com/art/e-ancora-casa-luogo-vita-vera-AEnSAqAF]
[9] https://it.wikipedia.org/wiki/Olfatto
[10] La logica molecolare dell’olfatto”, di Richard Axel, pubbl. su “Le Scienze”, num.328. dic.1995, pag.76-83
[11]https://eleinviaggio.blogspot.com/2015/10/il-blu-alchemico.html
[12] Dal saggio «Lo spirito dell’arte» di Wassilj Kandinskij, pittore russo (1866-1944).