Introduzione
“L’Inno alla Perla”, conosciuto anche come “Canto della Perla”, è un racconto gnostico tratto dagli Atti di Tommaso.
E’ un racconto dove si cerca di spiegare la motivazione della caduta dell’uomo e della sua regalità per la quale è necessario svegliarsi per poter tornare alla casa del Padre.
Testo
Quando ero bambino e abitavo nel regno della casa di mio Padre e mi dilettavo della ricchezza e dello splendore di coloro che mi avevano allevato, i miei genitori mi mandarono dall’oriente, nostra patria, con le provviste per il viaggio.
Delle ricchezze della nostra casa fecero un carico per me: esso era grande eppure leggero, in modo che potessi portarlo da solo.
Mi tolsero il vestito di gloria che nel loro amore avevano fatto per me e il manto di porpora che era stato tessuto in modo che si adattasse perfettamente alla mia persona e fecero un patto con me e lo scrissero nel mio cuore perché non lo potessi scordare:
“Quando andrai in Egitto e ne riporterai l’Unica Perla che giace in mezzo al mare, accerchiata dal serpente sibilante, indosserai di nuovo il tuo vestito di gloria e il manto sopra esso, e con tuo fratello, prossimo a noi in dignità, sii erede del nostro regno”.
Lasciai l’Oriente e mi avviai alla discesa, accompagnato da due messi reali, poiché il cammino era pericoloso e difficile ed io ero troppo giovane per un tale viaggio; oltrepassai i confini di Maishan, punto d’incontro dei mercati dell’Oriente, giunsi nella terra di Babel ed entrai nelle mura di Sarbùrg. Scesi in Egitto e i miei compagni mi lasciarono. Mi diressi deciso al serpente e mi stabilii vicino alla sua dimora in attesa che si riposasse e dormisse per potergli prendere la Perla.
Poiché ero solo e me ne stavo in disparte, ero forestiero per gli abitanti dell’albergo. Pure vidi là uno della mia razza, un giovane leggiadro e bello, figlio di coloro che sono unti. Egli venne e si unì a me; io lo accolsi familiarmente e con fiducia e gli raccontai della mia missione.
Egli mi avvertii di guardarmi dagli Egiziani e di evitare il contatto con gli impuri. Tuttavia mi vestii con i loro abiti, perché non sospettassero di me, che ero venuto da fuori per prendere la Perla, e non risvegliassero il serpente contro di me. Ma in qualche modo si accorsero che non ero uno di loro e cercarono di rendersi graditi a me; mi mescerono, nella loro astuzia, una bevanda e mi dettero da mangiare della loro carne; ed io dimenticai la Perla per la quale i miei genitori mi avevano mandato.
Per la pesantezza dei loro cibi caddi in un sonno profondo.
I miei genitori avevano notato tutto quello che mi accadeva ed erano afflitti per me. Fu proclamato nel nostro regno che tutti dovevano presentarsi alle nostre porte. Ed i re e i grandi della Partia e tutti i nobili dell’Oriente formarono un piano perché io non fossi lasciato in Egitto. E mi scrissero una lettera firmata col nome di ciascuno dei grandi.
“Da tuo padre, il re dei re e da tua madre, signora dell’Oriente e da tuo fratello, nostro prossimo di rango, a te nostro figlio in Egitto. Svegliati e sorgi dal tuo sonno e intendi le parole della nostra lettera.
Ricordati che sei figlio di re: guarda chi hai servito in schiavitù. Poni mente alla Perla per la quale sei partito per l’Egitto. Ricordati del vestito di gloria, richiama il manto splendido, per indossarli e adornarti con essi e il tuo nome possa essere letto nel libro degli eroi e tu divenga, con tuo fratello, nostro delegato, erede nel nostro regno”.
Come un messaggero era la lettera che il Re aveva sigillato con la mano destra contro i malvagi, i figli di Babel e i demoni ribelli di Sarbùrg.
Si levò in forma di aquila, il re di tutti gli alti, e volò finché discese vicino a me e divenne interamente parola. Al suono della sua voce mi svegliai e mi destai dal sonno; la presi, la baciai, ruppi il sigillo e lessi. Conformi a quanto era stato scritto nel mio cuore si potevano leggere le parole della mia lettera. Mi ricordai che ero figlio di re e che la mia anima, nata libera, aspirava ai suoi salimi. Mi ricordai della Perla per la quale ero stato mandato in Egitto e cominciai ad incantare il terribile serpente sibilante. Lo indussi al sonno invocando il nome di mio Padre, il nome del nostro prossimo in rango e quello di mia madre la regina d’Oriente. Presi la Perla e mi volsi per tornare a casa da mio Padre. Mi spogliai del loro vestito sordido e impuro e lo abbandonai nella loro terra; diressi il mio cammino onde giungere alla luce della nostra patria, l’Oriente.
Trovai la lettera che mi aveva ridestato davanti a me sul mio cammino e, come mi aveva svegliato con la sua voce, ora mi guidava con la sua luce che brillava dinanzi a me e con la voce incoraggiava il mio timore e col suo amore mi traeva.
E andai avanti…
I miei genitori mandarono incontro a me a mezzo dei loro tesorieri, a cui erano stati affidati, il vestito di gloria che avevo tolto e il manto che doveva coprirlo. Avevo dimenticato il suo splendore, avendolo lasciato da bambino nella casa di mio Padre. Mentre ora osservavo il vestito, mi sembrò che diventasse improvvisamente uno specchio-immagine di me stesso: mi vidi tutto intero in esso ed esso tutto vidi in me, cosicché eravamo due separati eppure ancora uno per l’eguaglianza della forma. L’immagine del Re dei Re era raffigurata dappertutto su di esso. Vidi anche vibrare dappertutto su di esso i movimenti della gnosi.
Vidi che stava per parlare e percepii il suono delle canzoni che mormorava lungo la discesa:
“Sono io che ho agito nelle azioni di colui per il quale sono stato allevato nella casa di mio Padre ed ho sentito in me stesso che la mia statura cresceva in corrispondenza delle sue fatiche”.
E con i suoi movimenti regali si offerse tutto a me e dalle mani di quelli che lo portavano si affrettò perché potessi prenderlo; e anch’io ero mosso dall’amore a correre verso di esse per riceverlo. Mi protesi verso di lui, lo presi e mi avvolsi nella bellezza dei suoi colori. Gettai il manto regale intorno a tutta la mia persona. Così rivestito, salii alla porta della salvezza e dell’adorazione; inchinai la testa ed adorai lo splendore di mio Padre che me lo aveva mandato, i cui comandi avevo adempiuto perché anch’egli aveva mantenuto ciò che aveva promesso.
Mi accolse gioiosamente ed ero con lui nel suo regno e tutti i suoi servitori lo lodarono con voce d’organo, cantando che egli aveva promesso che avrei raggiunto la corte del Re dei Re e avendo portato la mia Perla sarei apparso insieme a lui.