Nel linguaggio comune con la parola “tempo” si fa riferimento principalmente o al tempo in misura quantitativa o alle condizioni metereologiche. Tralasciando il secondo caso che non merita attenzione, nel primo caso, invece, quante volte sentiamo dire quell’espressione orrenda: “Non ho tempo!”? Come se il tempo in senso quantitativo non è qualcosa che gestiamo noi.

Gli antichi greci ci aiutano sempre quando si tratta di scindere in più significati una parola moderna. Loro, infatti, non usavano solo un termine per definire il tempo. Kronos era per l’appunto il tempo che si può misurare in termini quantitativi; Kairos quello qualitativo, il momento giusto, opportuno, propizio, adatto.

Come detto, tutti sentiamo spesso l’espressione “Non ho tempo”, ma ogni volta che lo sento dire, la mia mente smette di ascoltare l’interlocutore e parte a viaggiare in pensieri e domande che vorrei porre all’interlocutore, ma che per educazione non faccio. Vorrei chiedergli: ma cosa fai che sei senza tempo? Come lo usi il tempo che ti è a disposizione?

Per carità, anche io spesso mi rifugio in questa scusa, ma per l’appunto è una scusa. Non faccio realmente quella cosa, non perché non ho tempo, ma perché per me non è una priorità.

Sono stato ripreso giustamente dal nostro Maestro in qualche occasione, quando ho usato come scusa il fatto che avevo avuto poco tempo per soffermarmi su un argomento. Quindi non è la mancanza di tempo, di Kronos, ma semplicemente non è una priorità o comunque non tra le primissime.

Faccio un esempio profano. Quest’anno ho deciso di frequentare in maniera seria la palestra. Lo faccio non perché aspiri ad avere un fisico da culturista, ma per sfogare il mio fisico e scaricare la tensione mentale accumulata dallo stress lavorativo, mi fa stare meglio insomma. Ora, considerate che per il mio lavoro faccio circa 200 km al giorno, la mattina esco alle 7 per ritornare il più delle volte per le 6.30/7 di sera. Ecco, siccome ho deciso di porre come una delle mie priorità quella del mio benessere fisico, anche se arrivo alle 7 di sera il pensiero è quello di arrivare a casa, cambiarmi e andare anche solo per un’oretta scarsa in palestra.

Faccio un esempio invece negativo. È da un po’ di tempo che vorrei approfondire la lettura della Bibbia. Ecco, è da circa un paio di anni che vorrei farlo, ma mi è mancato il tempo. Ora secondo voi, mi è mancato davvero il tempo o semplicemente non è tra le mie priorità? Potrei farlo sabato o domenica, ma per un motivo o per un altro non lo faccio mai.

Lo scorrere del tempo è inevitabile cari Fratelli, ma è anche vero che lo gestiamo noi e diamo noi le priorità alle cose. Potrei fare mille esempi per continuare a battere sotto questo aspetto, ma non avrebbe senso.

Passerei piuttosto all’aspetto del tempo che ci dovrebbe interessare di più, quello che per i greci era Kairos, l’aspetto qualitativo.

Spero di non dilungarmi troppo, ma qui si apre veramente un mondo.

Vorrei partire da un primo esempio, semplice e banale. Immaginate di lavorare bene un’ora, ma fatta bene, rispetto a lavorare 5 ore fatte male. Capiamo subito che nonostante abbiamo usato un Kronos maggiore nella seconda ipotesi, probabilmente nella prima ipotesi siamo stati addirittura più produttivi.

Ma questo per l’appunto è un esempio banale, ma servirà a voi per capire il senso logico a cui vorrei tendere.

Kairos, è per lo più il momento giusto, l’essere in quel momento, il momento opportuno, il tempo in cui fare una determinata cosa, in cui quella cosa è giusta farla o in momento per cui ancora non è giusto farla.

Faccio un piccolo appunto che ci aiuta nell’idea di Kairos come qualcosa di propizio e di giusto e perfetto. In filosofia e per i pitagorici in particolare, Kairos era il nome con cui definivano il numero sette e sette sono le note, sette sono i giorni della settimana e quelli in cui Dio creò il mondo e si riposò e sette sono i sigilli che si romperanno durante l’Apocalisse seguiti da sette trombe suonate da sette angeli e potremmo continuare sul numero sette…

Ma tornando al Kairos tempo, nella mia tavola precedente indicavo che a volte il destino potrebbe farci fare un giro più largo per raggiungere una meta rispetto a quello a cui aspiravamo. Potrebbe anche essere che, magari per quella meta che noi vogliamo in quel momento, non eravamo pronti, non era il momento giusto per arrivarci. Magari se “forzavamo” la mano e forzavamo l’ostacolo, magari arrivavamo lo stesso alla meta, ma non avevamo la giusta maturità per affrontare quella situazione. Ecco, possiamo affermare che se forzavamo la mano non eravamo nel Kairos.

Anche nelle religioni ed in filosofia l’unico tempo su cui bisogna riflettere è proprio il Kairos. In Marco, ad esempio, Kairos è il tempo in cui agisce Dio. Anche Gesù Cristo parlava sempre di tempo: “È giunto il mio tempo!” Il tempo giusto affinché si compisse tutto.

Il momento giusto o opportuno, dobbiamo anche crearcelo lavorando nel nostro “Io”. Se Kairos è il tempo in cui agisce Dio, dobbiamo fare in modo che in noi agisca Dio. Dobbiamo lavorare quindi, affinché Dio agisca! Evitiamo quindi le scuse che usiamo per gli altri, ma principalmente per giustificare noi stessi e sentirci meglio, del tipo non ho tempo. Usiamo meglio il nostro Kronos (che non è eterno), per preparare al meglio il nostro Kairos. E questo vale anche per tutte le cose. Anche quelle profane. Il momento giusto non arriva perché deve arrivare (il fato). Il Kairos arriva perché noi siamo pronti ad affrontare quella cosa (il destino).

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