Il lavoro che segue non intende assolutamente essere esaustivo, bensì un mero punto di partenza che pone più interrogativi che risposte sulla figura di uno dei discepoli prediletti dal Principe Raimondo di Sangro, Claude Henry Theodor di Tschudy, la cui eredità pare essere soprattutto nei suoi scritti, rarissimi da trovare e soprattutto di alto contenuto esoterico, opera che mi auguro riuscire a conoscere e, con l’aiuto di Dio, comprendere nel corso della mia vita.
Claude Henry Theodor Barone di Tschudy fu, assieme a Vincenzo di Sangro figlio di Don Raimondo e a Paolo d’Aquino, il discepolo prediletto del Principe di Sangro a cui dobbiamo la sopravvivenza degli Arcana Arcanorum (gradi 87-90 del nostro Rito) in un momento storico davvero difficile per la Massoneria napoletana.
Il Barone di Tschudy era nato a Metz in Francia, il 21 agosto 1724 da famiglia di origini svizzere. A sette anni il giovane Claude viene mandato in Italia per arruolarsi nel Reggimento svizzero di stanza a Napoli comandato dallo zio. Iniziato alla Massoneria di Rito Scozzese nella Loggia del suo Reggimento, il barone Tschudy conobbe Raimondo De Sangro Principe di San Severo e Gran Maestro della Massoneria Napoletana, entrando così a far parte della Loggia “La Perfetta Unione” fondata da Don Raimondo in seno all’Ordo Aeghypti, seu Mizraim e, successivamente, entrando nella cerchia interna della Rosa D’Ordine Magno (anagramma di Raimondo De Sangro) anch’essa fondata dal Principe. Quest’ultima, aveva come preciso scopo la custodia e la trasmissione degli Arcana Arcanorum, ovvero i rituali di grado più alto posti in essere, presumibilmente, dallo stesso Raimondo di Sangro sulla base degli insegnamenti ricevuti dal suo Maestro, il medico e alchimista Fulvio Gherli, anche se in realtà davvero poco si sa su chi furono i reali Maestri del Settimo Principe di Sangro. In ogni caso, pur non essendo argomento principale dell’articolo ed essendo lontani dal conoscere questi Alti Gradi, posso esprimere un’idea assolutamente non definitiva sulla genesi degli stessi, ma necessaria per capire l’importanza del ruolo del Barone Tschudy affidatogli dal Principe di Sangro.
Innanzitutto, dobbiamo ricordare la tradizione filosofica e alchemica che gravitava da secoli a Napoli, attorno alla zona di piazzetta Nilo e del Convento di San Domenico Maggiore, testimoniata non solo dalla presenza nei secoli di prestigiosi studiosi (Giordano Bruno, Tommaso Campanella e Tommaso d’Aquino tra i più celebri), ma anche dal ritrovamento di scritti esoterici e alchemici (Vedi Alchimia della Confraternita dell’Aurea Rosacroce ed. Mediterranee, pubblicazione di un manoscritto risalente al 1678 e conservato alla Biblioteca Nazionale di Napoli). In sintesi, si può ritenere a ragione che l’intenzione del Principe di Sangro fu quella di salvare e trasmettere una Tradizione che fondeva insegnamenti ermetici, alchemici e rosacruciani e che si sarebbe altrimenti persa se non fosse stata da lui “fissata” in forma simbolica e rituale negli Arcana Arcanorum. La Loggia della Perfetta Unione, infatti, esisteva sicuramente già nel 1745 ed ha continuato i suoi lavori nonostante il Bando di Divieto di Aggregazione alla Massoneria promulgato dal Re Carlo di Napoli (divenuto Carlo III Re di Spagna nel 1759) nel 1751 a seguito, soprattutto, delle pressioni fatte al sovrano dai Gesuiti molto influenti in città. In realtà, fuori dal Regno, il divieto era stato preceduto due Bolle Apostoliche Vaticane: In Eminenti Apostolatus Specula del Papa Clemente XII del 26 aprile 1738, e Providas Romanorum Pontificum del 18 marzo 1751 del Papa Benedetto XIV, le quali ne vietavano sia l’istituzione sia la diffusione nello Stato della Chiesa.
Don Raimondo era, intanto, divenuto Mentore e Maestro di Tschudy il quale, a soli 27 anni, ricoprì la carica di Maestro Venerabile nella Perfetta Unione. Lo stesso Principe definisce il Barone “coltissimo ufficiale di questa nazione e mio amico” nell’edizione del 1750 della Lettera Apologetica. Durante il periodo di permanenza a Napoli, Tschudy scrisse Il Catechismo Ermetico Massonico della Stella Fiammeggiante, compendio degli insegnamenti ermetici ricevuti dal Principe, pubblicato solo nel 1766. Nello stesso periodo fondò un Rito cavalleresco ispirato agli stessi insegnamenti.
Nel 1751 iniziarono a Napoli le persecuzioni antimassoniche, messe in atto soprattutto dal Ministro Tanucci a Napoli che portarono all’abiura da parte del Principe di Sangro e all’esilio del Barone Tschudy. Egli si rifugiò dapprima a Torremaggiore, feudo pugliese dei di Sangro, per poi abbandonare l’Italia e non farne mai più ritorno (a seguito anche della pubblicazione, sotto pseudonimo, si scritti fortemente antipapali). Da questo momento inizia la sua peregrinazione per le corti d’Europa a cui, evidentemente, dobbiamo la sopravvivenza degli Arcana Arcanorum.
Fondamentale nella storia della massoneria è l’abiura che il Principe Raimondo di Sangro fece nei confronti dell’Ordine. Evento sconcertante per un personaggio come lui, l’affascinante Maestro autore del testamento spirituale racchiuso in Cappella Sansevero.
Nonostante le critiche che si possano muovere nei confronti di Raimondo di Sangro per questo gesto, il buon senso porta a credere che l’abiura fu solo una soluzione estremamente intelligente per porre fine ad una situazione, evidentemente, diventata insostenibile in quegli anni ma che, di fatto, non solo la Rosa di Ordine Magno abbia continuato a lavorare, ma anche che il rapporto tra i Fratelli a Napoli e in esilio non furono affatto interrotti.
Seppure a titolo di solo approfondimento, riporto una presunta lettera che fu pubblicata dalla scrittrice Clara Miccinelli che sarebbe stata scritta da Don Raimondo e indirizzata a Claude de Tschudy (pubblicata in Dio creò l’uomo e la Massoneria, ECIG 1985). Personalmente nutro profondi dubbi sull’autenticità di tale lettera, la quale potrebbe essere un falso storico per comprovare qualcosa che purtroppo non si può provare, ma si può ragionevolmente credere vero per logica.
Basti ricordare quanto sarebbe stato rischioso una corrispondenza scritta con espliciti nomi e progetti. Questa viene presentata come “Lettera segretissima del Principe” e riporta quanto segue:
Fed.mo e Nob.mo Amico e Fratello,
sommamente e proprio dobbiamo innalzar i nostri cuori al
Misericordioso e Onnipotente Nostro Artefice e Creatore,
nella cui comunione Egli ha voluto unirci
(…)
E così pure voglio che, per dar poi un
qualche argomento di Sinceratissima mia Abiura, la quale
assolve l’intera Confraternita, mi si faccia uno sfacciato pubblico torto.
Dopo avervi frettolosamente nella mia precedente lettera,
fatta parola sul Nostro Nuovo Tempio di Salomone
che anderà ad avere sempre più Gran Pregio,
per i nuovi Ornamenti appostivi, nella dimora del col.mo
ed ill.mo Marchese N. Moscati, il quale ben conosce manifestamente
l’innocenza e la dirittura delle nostre proposizioni,
vengo ora in questa seconda Lettera a dirvi, perché con troppa giusta ragione mi dee premere, e di fatto
mi preme, la futura e più alta conservazione della
Nostra Confraternita, la quale conta tra i suoi Membri, per titolo ed Onore pur anche il Rev.mo Pier F. Peggi,
canonico di quel Beatissimo Capo Visibile quaggiù dell’Invisibile
ed Unico Vero Figliuolo di Dio Gesù Cristo, Signore del Genere Umano, N.S. Benedetto XIV, il col,mo Georg
Wenzeslaus Knobelsdorff
[…]
Se questa lettera fosse autentica testimonierebbe, senza ombra di dubbio, non solo la considerazione privilegiata di cui di Tschudy godeva presso il Principe, ma anche che l’abiura fu solo una farsa per mettere a tacere una situazione insostenibile e che l’attività del Barone, presso le corti d’Europa, fu fortemente influenzata dal Maestro e amico Raimondo di Sangro.
Altro e ben più evidente indizio, potrebbero essere gli spostamenti del Barone per le corti d’Europa. Viene da chiedersi come mai, dopo il definitivo esilio dall’Italia, Tschudy non fosse tornato nella natìa Francia.
Si recò, invece, prima in Olanda e poi in Russia dove si hanno notizie della sua intensa attività massonica. Verrebbe da chiedersi, come mai proprio in Russia, lontana corte e luogo sicuramente di non facile accesso per quei tempi? Prima dell’abiura, pare che il Principe avesse contatti con l’Ambasciata di Russia residente, allora, nei pressi dell’attuale piazza di Triste e Trento. Sappiamo, altresì, che nel 1760 il Barone Tschudy a San Pietroburgo ricoprì l’incarico di Oratore in una Loggia che gemmava sotto la protezione della Zarina Caterina II. Evidentemente la corte degli Zar era un luogo più tollerante rispetto alla Napoli dei Borbone, troppo vicina allo Stato della Chiesa. Infine potremmo ragionevolmente chiederci come mai il Barone di Tschudy fosse certo che, una volta giunto a destinazione, sarebbe stato accolto con tutti gli onori.
Nel 1766 creò un ordine Ermetico che chiamò “Ordre de l’Etoile Flambyante”, fortemente operativo e Teurgico suddiviso in tre Gradi: Apprendista, Compagno, Professo o Filosofo, conosciuto come Ordine dei Filosofi Incogniti che si rifaceva al pensiero del Sandivogius (ancora una volta, l’opera del Barone pare fondamentalmente influenzata dall’alchimia pratica). Ritornò nelle terre natie della Francia, stabilendosi prima a Marsiglia, ove entrò in stretto contatto con il monaco Alchimista Antoine Joseph Pernety, conoscuto negli ambienti Ermetici con lo pseudonimo di Dom Pernety. Successivamente giunse a Parigi dove passò all’Oriente Eterno nel 1769.
L’eredità del Barone Tschudy è contenuta soprattutto nella sua opera fondamentale Etoyle flamboyante, ou la Société des franc-macons considérée sous tous les aspects (Francofort-Paris 1766) la quale contiene discorsi per lo più tenuti in Logge di rito scozzese, e vari articoli di carattere ermetico-massonico. Fondamentale è il sistema del Rituali alchemici al cui interno, pare, vi sia una preziosa Istruzione per fare la Grande Opera (introvabile, almeno in italiano). Esso conterrebbe istruzioni per confezionare l’oro potabile, ovvero una medicina in grado di curare ogni male del corpo e dello spirito.
Nella stessa opera sono contenuti gli Statuti dell’Ordine, ovvero le regole da seguire per gli Iniziati. Egli sottolinea il carattere ermetico dei gradi e dei simboli massonici, nonché la necessità di mantenere il silenzio con i profani e inoltre “…Non basta (art. 8) che i loro costumi siano impeccabili, ma occorre che i nostri associati abbiano un autentico desiderio di penetrare nei segreti della chimica e una curiosità che sembra venire dal fondo dell’anima; di conoscere non le false ricette dei ciarlatani, ma le ammirevoli operazioni della Scienza Ermetica” (Cfr. Anna Maria Partini, capitoli introduttivi all’Androgenes Hermeticus di Francesco Maria Santinelli, p. 24, ed. Mediterranee 2000).
Da quanto appreso, sembra che l’Opera del Barone de Tschudy contenga quell’anello di congiunzione tra alchimia operativa (di laboratorio, mi permetto di dire, anche se oggi nel 21° secolo questa locuzione sembra diventata tabù) e alchimia spirituale che, evidentemente appaiono diverse solo a noi generazione post moderna e post-junghiana. L’eredità, messa assieme con gli insegnamenti del Maestro e amico Raimondo di Sangro, forse tra le ultime indicazioni lasciateci col fine di realizzare il primo assioma Ermetico: Tutto ciò che è in Alto è uguale a tutto ciò che è in basso.