La Cappella di San Severo fu costruita dal Principe di San Severo Raimondo di Sangro.

Egli discendeva da un’antichissima famiglia di nobile stirpe della Puglia. Alcuni dei suoi discendenti avevano combattuto nelle guerre di servizio in Spagna ed uno tra questi, in particolare “Cecco di Sangro”, la cui immagine si trova anche nella Cappella, viene associato ad un’opera di importante valore simbolico esoterico della quale tratteremo più avanti.

Prima vorrei parlare di come ho scoperto la Cappella di San Severo e di come poi in seguito è riuscita a diventare non solo parte integrante, ma oserei dire fondamentale della crescita e dello sviluppo di quel percorso Iniziatico che ho deciso di intraprendere.

Il mio legame con la Cappella di San Severo risale nel lontano 1994, anno in cui fui mandato in Campania per svolgere il mio anno di leva obbligatorio. La mia destinazione fu Avellino dove il 18 gennaio 1994 mi presentai davanti alla porta carraia del 251° C.A.R di Avellino. Ancora ricordo molto bene il giorno: un freddo pazzesco, c’era la neve, ma questa è un’altra storia.

Ritornando alla Cappella di San Severo, posso solo dire che dopo due settimane nelle quali rimasi chiuso all’interno della caserma insieme ai miei commilitoni, ebbi la possibilità della libera uscita. Appena fuori, prendemmo la decisione di andare tutti insieme a Napoli per vedere la partita Napoli-Roma. Arrivati a Napoli, prima di andare allo stadio, ci mettemmo a fare i turisti per le vie di questa bellissima città, in una delle quali, quasi per caso, trovammo sulla destra una piccola chiesetta dove un signore sul ciglio della porta ci invitò ad entrare, informandoci che quella era la “Cappella del Cristo Velato”, all’interno della quale c’erano anche le macchine anatomiche e tante altre bellezze. Incuriositi da questa assoluta novità ed attratti come da un magnete, ci guardammo in faccia ed infine decidemmo di entrare. All’epoca mi sembra di aver pagato circa mille lire per il biglietto di ingresso. Appena dentro, quello che apparve ai nostri occhi fu un qualcosa di una bellezza sconvolgente, nettamente diversa da tutte le chiese, cattedrali e cappelle che eravamo abituati a vedere; era un qualcosa di misto tra il sacro ed il profano perché al suo interno non vi erano delle semplici raffigurazioni sacre come siamo abituati a vedere nelle chiese perché, oltre alle statue di  S. Rosalia e S. Odorisio, qualche angioletto sparso qua e là, vi era il corpo di Gesù Cristo adagiato su di un letto di marmo il quale sembrava ricoperto da uno strano velo ed infine la scultura sulla parete centrale che somigliava alla Pietà di Michelangelo. Per il resto, vi erano delle statue che raffiguravano i familiari della famiglia del principe di San Severo.

Prima di andare via dalla Cappella, attraverso un’uscita laterale che si trovava alla fine di una stanza adibita alla vendita di libri e souvenir, si perveniva ad un passaggio dove ci ritrovammo in una cripta sottostante la cappella all’interno della quale vedemmo, quasi con stupore, una cosa raccapricciante ed affascinante nello stesso tempo: due corpi scheletrici posti in bella vista all’interno di due armadi nei quali erano molto evidenti i vasi sanguigni. Ci dissero che vengono chiamate le “Macchine Anatomiche”, frutto di esperimenti del Principe di Sangro, chiamato anche il “Principe Diabolico”, appassionato di Alchimia, il quale sperimentò nell’idraulica, nella meccanica militare e perfino nella pirotecnica.

Discendente di Carlo Magno e Maestro del più grande alchimista Cagliostro, fu il primo a realizzare il fuoco artificiale di colore verde. Un vero scienziato il quale, oltre a cercare la Pietra Filosofale, cercava anche un percorso filosofico iniziatico che lo elevasse principalmente attraverso questa cappella la quale rappresenta il suo testamento spirituale ed intellettuale. 

Dopo questa bella esperienza, non pensavo minimamente di ritornarci, ma il destino volle che dopo molti anni, in quel luogo così particolare ci ritornai. Questa volta non vi entrai da semplice profano ma da Iniziato, guardando non solo la bellezza essoterica,  ma cercando principalmente di interpretare il latoesoterico che è celato al suo interno; solo così si riesce ad interpretare la sua essenza più profonda, perché la Cappella non è soltanto un luogo adornato da sculture  meravigliose, ma è un Tempio massonico in cui viene riprodotto il percorso iniziatico, un cammino a tappe che va dalle tenebre alla Luce con la sua magistrale rappresentazione data dalle sculture che, attraverso il Velo, celano delle verità che pochi possono essere in grado di conoscere e che ogni Fratello Libero Muratore dovrebbe fare.

Infatti, entrando dall’ingresso principale, ovvero da Occidente, si può notare proprio sopra l’ingresso, un monumento particolare, un sarcofago semi aperto sorretto da due grifoni dal quale un cavaliere con in mano una spada sguainata si accinge ad uscire. Un’iscrizione commemorativa è incisa su una pelle di leone ed in alto a destra della cassa, un’aquila che stringe tra gli artigli un fascio di folgori. Questo monumento fu dedicato all’illustre antenato “Cecco de Sangro”, figlio di Carlo, fratello del Principe di S. Severo Giovanni Francesco, per celebrare le sue gesta.

Questa è la spiegazione essoterica del complesso monumentale.Quella esoterica riguarda invece la posizione stessa del monumento, cioè all’ingresso del Tempio ad Occidente, identificandolo sia come il “Copritore Interno” che come “Copritore Esterno”, nella sua funzione di guardiano, simbolo dello Spirito Metallico che esce da una cassa che rappresenta l’Athanor, nella quale è avvenuta la morte e resurrezione delle due nature, l’inizio e la conclusione della Grande Opera Alchemica nella quale l’aquila rappresenta la parte volatile che si è staccata dalla parte fissa, indicata in questo caso dalla pelle di leone; il mitico grifone simboleggia l’unione delle due parti, fissa e volatile.

Il secondo Monumento, dedicato a Giovan Francesco Paolo de Sangro, III Principe di San Severo, viene raffigurato da un angelo alato e da una conchiglia.




















Dall’altra parte della porta troviamo l’altra acquasantiera con il consueto angelo alato. Quest’altro Monumento viene dedicato a Giovan Francesco de Sangro, V Principe di San Severo.

I due Monumenti stanno a simboleggiare le due Colonne del Tempio. Infatti, una è con la fiaccola, ignea e maschile, solare e dorata; l’altra lunare e femminile.

Le lacrime identificano l’umido radicale dei metalli.

La prima corrisponde alla Colonna del Nord “Boaz” (la Forza) ed è legata al primo Sorvegliante, la seconda corrisponde alla Colonna del Sud “Jakin” (la Bellezza) ed è legata al secondo Sorvegliante.




La statua del I Sorvegliante la troviamo all’ingresso Nord, accanto al monumento dedicato a Giovan Francesco Paolo de Sangro, ovvero l’angelo alato con una conchiglia ai suoi piedi (prima Colonna) ed è raffigurato da una donna con in mano una grande cornucopia ricolma di tesori appoggiata al braccio sinistro, un compasso con alcuni denari nella mano destra ed un’aquila appollaiata ai suoi piedi.

Questa scultura, denominata “La Liberalità”, è dedicata a Giulia Gaetani dell’Aquila d’Aragona, amatissima consorte di Paolo de Sangro Principe di S. Severo e si trova dunque nel punto in cui l’Occidente e Settentrione si incontrano. Essa rappresenta la seconda luce nel Tempio dopo il Venerabile.

Il primo Sorvegliante ha il compito di istruire i Compagni d’Arte e soprattutto di pagare gli operai.

Infatti, come vediamo da un lato abbiamo il Compasso e l’obolo (simboli fondamentali della libera muratoria): il primo è il simbolo della Misura Aurea; il secondo l’Oro dell’opera raggiunta, ovvero la Grande Opera raggiunta dall’Alchimista il quale deve operare secondo peso e misura.

L’aquila, simbolo dei più alti gradi di conoscenza muratoria, in questo caso è posata a terra, segno che la sublimazione è finita e la materia è stata purificata e fissata.

Dall’altra parte abbiamo la cornucopia colma di ricchezze e di metalli la quale in Massoneria corrisponde al Tronco della Vedova, l’obolo chiesto ai Fratelli per creare il tesoro di Loggia necessario alle opere benefiche; per i Fratelli massoni invece è il simbolo della grande ricchezza Spirituale che si guadagna in Massoneria, ecco di quale paga stiamo parlando.

Accanto alla statua della “Liberalità” vi è la statua del “Decoro” dedicata ad Isabella della Tolfa e a Laudonia di Milano, prima e seconda moglie Giovan Francesco de Sangro, Principe di S. Severo.

Questo monumento è il simbolo della Virtù delle due donne, rappresentato da un giovinetto semicoperto da una pelle di leone; alla sua sinistra, poggiata su un tronco di colonna con l’iscrizione “Sic Florent Decoro Decus” (così la nobiltà risplende attraverso ciò che essa si addice), una grossa testa di leone simboleggia la vittoria dello spirito umano sulla natura animale. L’unico calzare indossato rimanda ad antichi miti ove tale usanza era carica di significato sacro, indicando la duplice col cielo e con l’inferno, ovvero gli dei del mondo sotterraneo e gli dei celesti.

Ritornando al simbolismo Massonico, il giovinetto o per meglio dire l’androgino con la pelle di leone, rimanda infatti ad Eracle, simbolo del I Sorvegliante, la statua del quale è addossata alla parete Ovest e presenta il profano che sta per avere la Luce e si appoggia alla colonna dell’apprendista “Boaz”, che è ancora difesa dal Copritore Esterno (il leone). Il suo abbigliamento ci ricorda il Neofita che per la prima volta entra nel Tempio (lo zoccolo ed il calzare slacciato) con un piede scalzo, dove il suolo sacro poteva essere calpestato solo a piedi nudi.

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Andando avanti, o per meglio dire “squadrando il tempio”, si arriva al monumento chiamato “l’Educazione” rappresentato da una donna intenta ad istruire un giovinetto; sul basamento reca l’iscrizione “Educatio et Disciplina Mores Faciunt” (l’Educazione e la Disciplina Formano i Costumi). Fra le mani del discepolo, non a caso il “De Officiis” di Cicerone, testo ritenuto dalla cultura ufficiale insostituibile strumento di comprensione del problema morale dell’utile e dell’onesto. Questa scultura rappresenta, dal punto di vista esoterico, il II Sorvegliante il quale si trova sul lato sud del Tempio, ove seggono i Compagni. Egli sovraintende i lavori degli Apprendisti che si trovano di fronte al suo scranno, vale a dire lungo il lato nord. Quindi, il II Sorvegliante, terza luce del Tempio, istruisce gli Apprendisti ed impartisce loro la necessaria educazione iniziatica per progredire nel lavoro. Infatti, se analizziamo bene la scultura del fanciullo si può intendere come l’Apprendista e, rappresentato con una tunichetta, somiglia molto ad un grembiule. La donna, nella qualità del II Sorvegliante, rappresenta il fuoco alchemico intento ad educare l’Apprendista, intervenendo nell’Opera stimolando lo zolfo nella materia attraverso l’azione del fuoco ed in fine versa il sale ammoniacale per riunire tutto ciò che è sparso.

Il divino androgino, simbolo dell’annullamento o meglio dell’armonizzazione del maschile e del femminile, da un lato possiamo notare che calza un semplice zoccolo il quale simboleggia la natura grezza della materia; nell’altro piede indossa un coturno, calzatura degli eroi, che identifica la materia in una fase più nobile. Pertanto, lo zoccolo ed il coturno simboleggiano la doppia natura della materia e dei due elementi, ossia Maschile-Solare e Sulfureo per il primo e Femminile-Lunare e Mercuriale per il secondo, ricordando che il terzo elemento (il sale), aiuta i primi due ad unirsi. Esso è il V.I.T.R.I.O.L. di Basilio Valentino, nel quale la pelle di leone rappresenta la purificazione della natura selvaggia, in cui tutto ciò che è occulto e nascosto si possa infine manifestare attraverso il lavoro di scuoiamento della belva da parte dell’alchimista.

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Accanto alla statua dell’Educazione, sempre sul lato Sud, vi è la statua dell’ “Amor Divino”, una figura androgina seminuda con in mano un cuore il quale, sollevato verso il cielo, presenta una catena attaccata ad un bracciale.

In corrispondenza, dall’altra parte sul lato Nord, abbiamo la statua del “Decoro” la quale, come si è detto, rappresenta l’Adepto, l’Iniziato.

Insieme, l’ “Amor Divino” ed il “Decoro”, sono l’espressione di due momenti ben precisi del cammino massonico dell’Iniziato.

La prima simboleggia la raccolta della Rugiada Celeste, come se si raccogliesse dalla catena nel palmo della mano. Ricordiamo che la rugiada è uno degli elementi fondamentali che compongono il nostro Sole, capace di rompere le catene e far sì che lo Zolfo ed il Mercurio si uniscano.

Nella seconda, il cuore che il giovinetto sorregge, simbolo dello Zolfo Filosofale, viene purificato dal fuoco che ha liberato la materia dalla sua scorza, rappresentata dalla pelle di leone presente nella statua del “Decoro”, la quale non può più essere attaccata dalle fiamme perché la materia ha ormai bruciato quella parte finissima di pelle; quindi, la catena va letta come simbolo del Filo a Piombo “la Rettitudine Morale” e il leone ucciso, quindi Ercole, rappresentano il Massone vittorioso sulle sue debolezze.

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Ritornando al centro della navata, direzione lato Nord, si attraversa il “pavimento a Labirinto”.

A differenza del pavimento a scacchi bianco e nero, nel quale la realtà non è mai tutta bianca o tutta nera e il bene ha bisogno del male per essere riconosciuto ed apprezzato, simbolo eterno della dualità dell’uomo e delle cose, il Labirinto ricorda invece il travaglio che il percorso iniziatico richiede.

Il bianco ed il nero è il motivo che viene richiamato spesso nei Templi Massonici, nelle chiese e nello stendardo stesso dei Cavalieri Templari, il famoso “Beauseant” il quale, tradotto nella lingua Franca, rappresenta visivamente l’immagine che purificata, siede sulle scorie nere.

I Templari studiavano l’Arte Reale che gli antichi Egizi custodivano da Ermete Trismegisto, la Sapiente Saggezza, poi in seguito tramandata da loro, attraverso i nostri Rituali.

Infatti, nella scultura della “Soavità Coniugale”, nella quale sono rappresentati molti elementi e simbologie alchemiche dell’Arte Reale, si può benissimo vedere nella parte superiore dell’obelisco, un grosso medaglione nel quale è visibile un profilo di donna non perfettamente finito.















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Lo stesso motivo lo possiamo apprezzare nel lato sud proprio di fronte ad essa, nella scultura della “Sincerità”. In questo caso però la figura di donna, sempre all’interno dell’obelisco, è completamente grezza.

Queste sculture rappresentano i due momenti del percorso massonico ovvero quello dell’Apprendista rappresentato dalla “Sincerità”, la Pietra Grezza, e quello del Compagno d’Arte rappresentato dalla “Soavità Coniugale”, la Pietra comincia ad essere levigata e a prendere forma.

In ogni caso, le due statue vanno sempre analizzate assieme perché in entrambe vi sono i cuori e le colombe, simboli evidenti di due momenti di una fase importante dell’Opera Alchemica.

Il Cuore che appare nella “Sincerità” è un simbolo sulfureo ben lavato e reso puro; le due colombe, una che sale e l’altra che scende, sono in uno stato di agitazione, simboleggiano il volatile che prima si alza dal fisso per poi ricadere e riprendere il processo, equivalente al risultato della cosiddetta soluzione filosofica durante la quale la materia viene dissolta e purificata.

Nella mano destra infine si può notare il Caduceo il quale, oltre ad essere simbolo di tutte le scienze esoteriche, con i due serpenti rappresenta le due nature che combattono nel vaso e soltanto l’Oro Filosofico, rappresentato dalla Verga Centrale, può pacificare e fissare il fisso e il volatile.

Nella statua della “Soavità del gioco Coniugale” siamo in una fase successiva in cui l’unione delle due nature è avvenuta, ovvero alla soluzione è seguita la coagulazione. Infatti, la Colomba è una e le sue Piume, simbolo dell’Aria, insieme ai due Cuori che sono uniti dalla figura femminile, rappresentano principalmente questo.

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Nella statua “Lo Zelo della Religione” notiamo un vecchio saggio che rappresenta l’Alchimista il quale, a costo di grandi sacrifici, tiene nella mano sinistra una lanterna e nella destra una sferza, simboli di Luce e Carità per la prima, della Punizione e dell’Eresia per la seconda.

In questa maniera egli segue la cottura della materia, rappresentata nel medaglione sorretto dai due puttini in cui si vede il profilo di due donne le quali simboleggiano i due elementi della Materia Prima, quella Femminile Mercuriale e Antimoniale.

Il libro chiuso che viene schiacciato dall’Alchimista, simbolo della materia ancora impura, viene raffigurato con due serpenti che vi fuoriescono intrecciandosi come nel Caduceo i quali, mordendo la gamba del Puttino Alato, simboleggiano come il solvente, mordendo la materia tramite il calore rappresentato dalla fiaccola, va in soluzione rendendola pura.

Il libro aperto simboleggia come l’operazione sia andata a buon fine, mostrando che la parte filosofica della materia è stata estratta.

Questa rappresentazione è posta prima della statua della “Sincerità”; infatti, è tipico dei vari filosofi non seguire mai lo svolgimento delle varie operazioni in maniera lineare, ma soltanto di fase in fase e spesso tornando indietro, cercando di confondere gli sprovveduti.

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Da qui si passa poi alla statua del “Dominio di sé stessi”.

Proprio di fronte alla statua “Lo Zelo della Religione”, un soldato tiene alla catena un leone, testimoniando la Volontà dell’Intelletto sull’istinto, sull’energia selvaggia e sulla vanità delle passioni. Quest’opera trasmette la Virtù dell’Equilibrio, che ogni Iniziato deve saper governare sé stesso con fermezza.

In essa si vede in maniera evidente il messaggio alchemico del Solve et Coagula, disciplina che viene indicata anche nelle ultime due statue “La Sincerità” e  “La Soavità del Gioco Coniugale” anche se per “Lo Zelo della Religione” e del “Dominio di sé stessi”, è legata ad altre fasi dell’Opera, come per esempio dove il vecchio saggio legato alla prima scultura ci indica come lavorare la materia prima, quella  mercuriale e antimoniale, mentre nella seconda scultura, la natura è marziale ovvero sulfurea e Maschile/Guerresca e Ferrosa.

Accanto, il Rebis, il genietto alato, opera un lungo controllo rappresentato dalla catena.

All’interno dell’Athanor, rappresentato dal medaglione centrale, il leone attende che avvenga la trasmutazione; infatti, se notiamo questo particolare, nella statua de “Lo Zelo della Religione”, i volti all’interno del medaglione sono due: questo indica quante parti del nostro mercurio vanno presi. Qui il volto è uno, segno che del nostro zolfo, va presa solo una parte.

Il guerriero, anche se ha gli occhi chiusi, è sempre vigile perché molte delle risposte che cerchiamo ci giungono attraverso i sogni, vera parte della coscienza e della Conoscenza Ancestrale. Infine, il leonetenuto nella catena di ferro, rappresenta il nostro solvente e dopo la lotta viene domato e diventa di colore verde.

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Nella Donna Velata “La Pudicizia”, dedicata alla madre Cecilia Gaetani dell’Aquila d’Aragona, morta quando il Principe aveva neanche un anno, lo scultore raggiunge un altissimo grado di perfezione nel modellare il velo posto sul corpo della donna con eleganza e naturalezza, come se il vapore esalato del brucia profumi posto ai suoi piedi contribuisse a rendere umido e straordinariamente aderente alla pelle, interrotto orizzontalmente da un serto di rose uguale a quelle scolpite sulla testa della statua precedente, dedicata a S. Rosalia, figlia di Sinibaldo signore di Quisquina e di Rose, dei conti dei Marsi e de Sangro e di Maria sorella di Guglielmo che sarebbe diventato Re di Sicilia, morta il 4 settembre 1159 sul monte Pellegrino, nel 1626 lì rinvenuta, traslata e venerata a Palermo, Raimondo De Sangro principe si Sansevero, alla santissima congiunta dei suoi avi pose.

In questa statua possiamo notare molto bene il tema del velo. Questa donna velata, con il volto velato, sembra un’allusione ad Iside che era la divinità prediletta della scienza esoterica. Una divinità egiziana, poi passata nel Pantheon Greco Romano. In questo luogo, proprio 1700 anni prima, sorgeva un tempio dedicato a lei, creando di conseguenza un filo di suggestione e di conoscenza Ermetica che rimanda millenni a dietro per arrivare a Raimondo di Sangro.

Ritornando alla statua della “Pudicizia, è evidente il dolore del figlio Raimondo il quale ci ha voluto trasmettere in questa maniera la virtù e le fattezze della giovane madre. Lo sguardo perso nel tempo, il tronco della vita, la lapide spezzata, simboli essoterici di un’esistenza troppo presto troncata in cui, nel basso rilievo posto sul basamento, descrive l’episodio evangelico del “Noli me Tangere”, espressione pronunciata secondo il vangelo di Giovanni da Gesù la mattina dopo la resurrezione, confermando una dolorosa e definitiva impossibilità di contatto umano, così come fra Raimondo e la madre.

“La Pudicizia”, dal punto di vista esoterico, ci indica come il corpo sensuale di una donna velata nasconde una profonda conoscenza che non può essere rivelata a colui che non ha la giusta preparazione perché potrebbe essere molto pericolosa. Il velo ci fa intuire che sotto la superficie della Materia Prima dei Filosofi, si nasconde il frutto prezioso, la Sophia, la Sapienza che va purificata come la Maddalena dai sette demoni, prima di potersi congiungere con il suo sposo spirituale, rappresentato dal Cristo risorto. Quest’ultimo gli si presenta come il giardiniere.

Da ricordare come tutta l’Arte Reale viene spesso definita come l’Agricoltura Celeste.

La vanga, la cui punta è rivolta verso la terra, indica la necessita di scavare in questa terra, la Materia Prima, affinché possa avvenire la resurrezione; la stessa lapide spezzata allude alla necessità di dover rompere-spaccare la Materia Prima prima di iniziare la lavorazione ed estrarre anche da essa l’Umido Radicale.

La rosa che cinge il ventre della donna è il segno vittorioso della riuscita dell’operazione, proprio come la Stella a Cinque Punte.

La Quercia, quella vecchia e cava, rappresenta la Materia Grezza che si apre, squarciata dall’ opera del lavoro alchemico effettuato nell’Athanor.

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L’ “Altare” è un quadro di marmo che rappresenta la deposizione.

Sotto la “deposizione” abbiamo la “Resurrezione”, raffigurata da un sarcofago aperto da un angioletto dal quale, a sua volta, un altro angioletto, ovvero l’animella, esce fuori, simboleggiando in questa maniera che la tomba è ormai vuota e Gesù è risorto.

La sua spiegazione esoterica è legata al fatto che la passione di Cristo, simbolo alchemico della Grande Opera, viene svolta in una particolare Via Crucis, per concludersi in fine con l’Oro Filosofico, rappresentato dal Santo volto di Cristo nel “velo della Veronica” il quale viene messo in parallelo con la pietra degli Alchimisti.

La Vergine che sorregge il Cristo deposto è la Materia Pima da cui il corpo di Cristo è stato generato e dalla quale deve essere rigenerato.

I due Angioletti che reggono il velo sono disposti uno più avanti e l’altro più indietro; quest’ultimo fa il segno della benedizione e sorregge un piccolo crocifisso quasi appoggiato sulla testa dell’altro; questo indica la rappresentazione stessa del simbolo dell’antimonio. Inoltre, in ciascuno dei due si vede solo una gamba e, guardati da lontano, sembrano formare l’immagine del Rebis, la cosa doppia che nasce dall’unione dei due elementi dell’Opera. Infine, possiamo aggiungere che i due recano in segno di vittoria il velo della Veronica, testimonianza dell’irraggiamento della Luce che compare sulla nostra Materia.

Al di sotto dell’ “Altare”, ci sono ancora i due angeli, rappresentati in maniera particolare, uno è intento a sollevare il sarcofago, “l’Athanor”, l’apertura della Materia dove ormai è avvenuta la trasmutazione finale, sottolineata dall’altro Angelo il quale esce la testa dal sarcofago come quasi se uscisse da una grotta (“Interiora Terrae”) a rappresentare la natura volatile della Materia testimoniata dall’involucro contenente l’acqua mercuriale la quale non va assolutamente gettata, ma va gelosamente conservata, studiando e comprendendo le sue caratteristiche (“Et in Arcadia Ego”).

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Accanto all’Altare maggiore, possiamo notare altre due sculture, raffiguranti due angeli che rappresentano i due ufficiali di Loggia che siedono all’Oriente, vicino al Venerabile: alla destra l’Oratore, rappresentato da un angelo che sembra intento a pronunciare un’orazione con la mano destra alzata verso l’altare maggiore;














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dall’altra parte, alla sinistra, il Segretario, anch’esso rappresentato da un Angelo, con una pergamena fra le mani.


















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Il Disinganno”, opera dedicata da Raimondo de Sangro al padre Antonio, indica come non sia possibile alla fragilità umana mostrare grande virtù senza debolezze.

Infatti, il padre Antonio, dopo la morte della moglie Cecilia, si diede ad un’esistenza disordinata e decide successivamente di trascorrere gli ultimi anni della sua esistenza nella quiete vita sacerdotale.

Nella sua virtù, il Principe volle rappresentare il padre come un uomo che si libera da una rete, simbolo del peccato ed un genietto alato che porta sulla fronte una piccola fiamma, figura dell’Intelletto umano che da un lato aiuta l’uomo a liberarsi dalle maglie intricate della vita e dall’altra parte scalcia il globo terrestre a rappresentazione delle passioni ingannatrici.

Infine, ai piedi dell’uomo, un libro aperto, la Sacra Bibbia, simbolo dell’ardore religioso.

Sul basso rilievo possiamo notare un episodio evangelico di Gesù che dona la vista ad un cieco.

Nelle iniziazioni massoniche settecentesche, colui che entrava nella Loggia massonica era bendato e quando gli veniva chiesto chi fosse, lui rispondeva ritualmente: “sono un cadavere che vuole risorgere, un cieco che chiede la luce.”

Analizzando l’Opera attraverso il suo significato esoterico, possiamo dire che il “pescatore”, così come viene chiamato dai popolani, e la rete che lo avvinghia, indica il suo affrancamento ai piaceri terreni. Il genietto alato con la fiammella della Gnosi sulla testa, intento ad aiutare l’uomo a liberarsi della complicata rete che lo avvolge, poggia le sue gambe sulla figura del globo terracqueo, simbolo presente sulla colonna degli Apprendisti e segno inconfondibile della Materia Prima degli Alchimisti. Questa lettura ci riporta un attimo indietro, ovvero all’Iniziato il quale, nel rituale di Iniziazione, si libera dalla corda, simbolo delle passioni umane, mentre il Fratello Esperto gli indica con lo scettro/spada il Libro Sacro dei giuramenti, la Bibbia.

Infatti, nel basso rilievo rappresentato dal noto episodio evangelico del Cristo che dona la vista al cieco, nell’insolito abbigliamento del miracolato, o per meglio dire dell’Iniziato, con i calzoni sollevati fino al ginocchio, dal piede scalzo e camicia aperta sul petto fino a lasciare la spalla sinistra scoperta, il quale sta per ricevere la Luce del Maestro Venerabile, in questo caso il ruolo del Maestro è ricoperto dal Vero Maestro di tutti i Maestri, Gesù l’Esseno della comunità di Qumran.

Ora passiamo alla figura cardine di tutta la cappella di san severo, ovvero il Cristo Velato.

Scolpito da Giuseppe S. Martino in soli 3 mesi all’età di 33 anni, simbolo della resurrezione iniziatica, è una scultura che racchiude in sé sia il significato essoterico religioso al quale è permesso a tutti vedere e capire e sia quello esoterico iniziatico in cui a pochi è concesso conoscere e scoprire attraverso il Velo della Verità.

Avrei dato 10 anni della mia vita per realizzare un’opera così straordinaria

Antonio Canova

Analizzando la scultura, vediamo un Cristo adagiato su un materasso di stile settecentesco il quale, in modo quasi realistico, lo comprime per il peso. Il capo leggermente reclinato, si poggia su due cuscini con nappe di gusto neoclassico, determinando una leggera inclinazione di tutta la figura. Ai suoi piedi ci sono gli strumenti della passione, oltre alla corona di spine ed i chiodi. Vi troviamo anche una tenaglia chiusa. Tutto l’insieme è collocato su un drappolo di porfido che scende lateralmente. Attraverso le sue increspature, possiamo notare che non viene richiamata minimamente la durezza e la freddezza del marmo, ma piuttosto ciò che appare ai nostri occhi sembra essere di pura seta.

Mai un velo è stato rappresentato in questo modo. Chi guarda viene trasportato dentro una visione. Il velo rivela il dolore del Figlio insieme a quello dell’umanità intera e invece di oscurare le fattezze del volto e la sua sofferenza, le porta in rilievo come un filtro tra noi e il Cristo, facendoci riflettere non soltanto sulla vita e sulla morte, ma permettendoci di toccare in modo tangibile sia la sofferenza che l’eternità. Il Velo insomma non è una copertura del corpo, sebbene sia sottilissima ed evanescente, ma è qualcosa che dall’interno si manifesta verso l’esterno, facendo diventare l’immagine così autentica e realistica la quale,  invece di coprire, mostra il corpo che dovrebbe nascondere in cui ogni muscolo, ogni vena, ogni ferita viene esaltata da questo tessuto impalpabile, quasi come se le membra di Gesù si facessero più nude ed esposte e le linee del corpo martoriato più precise, facendoci intuire come quasi privo di qualsiasi sofferenza, attraverso la vena così reale e marcata della fronte, il Cristo sia ancora palpitante. Basta guardare le narici dalle quali sarebbe sufficiente un solo respiro, un solo alito di vento per fare scivolare via il sudario. Ecco come il marmo da freddo diventa caldo, indicando quasi che il Maestro non sia ancora morto, ma stia semplicemente dormendo, ammirando tutto il suo mistero in un corpo ancora vivo, immortale, eterno, prossimo alla resurrezione, ma tutto questo diventa possibile grazie alla bravura dello scultore che attraverso il velo riesce a  separare il Cristo dal mondo dei vivi rendendo quella pietra così vera e autentica, invitando lo spettatore a contemplare il suo mistero, riuscendo a provocare in lui il più barocco dei coinvolgimenti emotivi, trascinandolo alla pietà.

L’opera stessa è il canto del cigno della scultura barocca, estrema apologia dell’artificio, oltre la quale non si potrà andare.

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